La Libertà Del Jeet Kune Do
Di Marco Roccatano.
Come Bruce Lee spesso sottolineava, il Jeet Kune Do (JKD) è una forma sofisticata di lotta da strada.
Le sue regole vengono fissate da ogni singolo individuo. Ciò vuol dire abbandonare ogni restrizione limitativa e trovare la giusta chiave del JKD, ossia la "semplicità".
JKD vuol dire "analizzare ciò che si ha senza necessariamente aggiungere qualcosa, riducendo al minimo il tutto“; in altre parole “abrogare il superfluo”.
L’arte, in verità, è la pura espressione dell’essere umano, inteso come la sua più recondita e profonda realtà interiore, l’io.
Più il metodo è complesso e limitativo, minore è la possibilità del singolo di esprimere e manifestare liberamente il proprio pensiero originale.
Nonostante le tecniche rivestano un ruolo primario negli studi iniziali, esse non dovrebbero essere eccessivamente meccaniche, complesse e restrittive in quanto si potrebbe rischiare, alla fine, una sorta di schiavitù ai loro limiti.
Nella Jeet Kune Do Kali International (JKDKI) infatti, diamo molta più importanza agli esercizi e ai metodi utilizzati per allenare i programmi tecnici, diffusi da tutti gli istruttori localizzati nel mondo. Sono i metodi di allenamento che fanno la differenza.
Bisogna ricordare che tali tecniche devono essere “espresse” e non eseguite: per intenderci meglio, bisogna semplicemente comportarsi come l’eco che segue il tuono, senza riflettere.
Come sostenuto precedentemente, la semplicità rappresenta la chiave del JKD, e sinonimo di semplicità è l’assoluta perfezione. L’autentica semplicità risiede nella capacità di “esprimere il massimoattraverso il minimo” e ovviamente insegnarlo è tutt’altro che facile.
Se l’insegnamento di quest’arte tende ad ostacolare l’individualità dell’allievo, inibendo in tal modo le sue naturali reazioni, allora si potrebbe verificare l’effetto opposto della libertà di spirito.
Ma allora qual è lo scopo finale di quest’arte?
Potreste domandarvi.
Ebbene la strategia ultima e fondamentale dell’arte dell’intercettare il pugno è il cambiamento di tattica a seconda del diverso avversario da fronteggiare.
Ciò implica lo studio di tante tattiche e di altrettanto numerosi stili.
Per comprendere meglio tutto questo, il combattente JKD può essere paragonato ad uno studente universitario il quale per affrontare un esame, necessita di vari testi.
Alla fine lo studente, pur comprendendo esattamente il concetto estrapolato dai libri, si farà comunque una propria idea che successivamente esporrà in presenza del docente.
Spesso, però, parecchi studenti non riescono ad attingere dai testi e preferiscono apprendere la materia utilizzando la sintesi del tutto; ma quale sarà poi la loro conoscenza?
Praticare JKD vuol dire rimuovere ogni giorno qualcosa fino al traguardoossia fino a raggiungere la semplicità.
Il JKD è un risultato assolutamente personale, in caso contrario non si farebbe altro che studiare una delle molteplici arti marziali. Essere semplici è più complicato di quello che possa sembrare.
Molte volte erroneamente ci si concentra sul ”gesto” che deve risultare tecnicamente corretto e perfetto, ma l’estremo tecnicismo, secondo il mio parere, distoglie l’attenzione del praticante da quello che dovrebbe essere l’obbiettivo ultimo: l’efficacia nel combattimento reale, senza regole né schemi fissi.
Il JKD, come il buddismo, pone l’uomo, e non lo stile, al centro di tutto .Infatti ciascuno di noi possiede delle qualità che non aspettano altro che essere rivelate ed espresse. Com’è possibile però compiere ciò se le si soffoca con qualcosa di preordinato?
Il JKD è un movimento che cerca, attraverso l’arte del combattimento, di svincolare l’individuo dalle pressanti catene degli stili o dogmi a volte imposti.
Nella JKDKI, ogni stile o scuola rappresenta solo una parte della verità ed è chiaro che all’inizio c’è bisogno comunque di un metodo per poterla comprendere ed elaborare, proprio come nella meditazione “Zen”, in cui dapprima si utilizza la mente per poi compiere la sua trascendenza. Questa è la fonte dell’efficacia di un combattente che non ha schemi; è imprevedibile proprio perché unico. Il suo stile sarà unicamente “il suo stile”, la sua vita.
Il potere e la forza di questo intramontabile combattente risiederanno nel suo spirito indomito e nella sua mente rinvigorita, in quanto non repressa, solo così sarà in grado dunque di adattarsi a qualsiasi situazione, di cui ne prenderà pieno possesso sino al completo dominio.
Questa è la comprensione del JKD che trasmettiamo nella Jeet Kune Do Kali International.
Le sue regole vengono fissate da ogni singolo individuo. Ciò vuol dire abbandonare ogni restrizione limitativa e trovare la giusta chiave del JKD, ossia la "semplicità".
JKD vuol dire "analizzare ciò che si ha senza necessariamente aggiungere qualcosa, riducendo al minimo il tutto“; in altre parole “abrogare il superfluo”.
L’arte, in verità, è la pura espressione dell’essere umano, inteso come la sua più recondita e profonda realtà interiore, l’io.
Più il metodo è complesso e limitativo, minore è la possibilità del singolo di esprimere e manifestare liberamente il proprio pensiero originale.
Nonostante le tecniche rivestano un ruolo primario negli studi iniziali, esse non dovrebbero essere eccessivamente meccaniche, complesse e restrittive in quanto si potrebbe rischiare, alla fine, una sorta di schiavitù ai loro limiti.
Nella Jeet Kune Do Kali International (JKDKI) infatti, diamo molta più importanza agli esercizi e ai metodi utilizzati per allenare i programmi tecnici, diffusi da tutti gli istruttori localizzati nel mondo. Sono i metodi di allenamento che fanno la differenza.
Bisogna ricordare che tali tecniche devono essere “espresse” e non eseguite: per intenderci meglio, bisogna semplicemente comportarsi come l’eco che segue il tuono, senza riflettere.
Come sostenuto precedentemente, la semplicità rappresenta la chiave del JKD, e sinonimo di semplicità è l’assoluta perfezione. L’autentica semplicità risiede nella capacità di “esprimere il massimoattraverso il minimo” e ovviamente insegnarlo è tutt’altro che facile.
Se l’insegnamento di quest’arte tende ad ostacolare l’individualità dell’allievo, inibendo in tal modo le sue naturali reazioni, allora si potrebbe verificare l’effetto opposto della libertà di spirito.
Ma allora qual è lo scopo finale di quest’arte?
Potreste domandarvi.
Ebbene la strategia ultima e fondamentale dell’arte dell’intercettare il pugno è il cambiamento di tattica a seconda del diverso avversario da fronteggiare.
Ciò implica lo studio di tante tattiche e di altrettanto numerosi stili.
Per comprendere meglio tutto questo, il combattente JKD può essere paragonato ad uno studente universitario il quale per affrontare un esame, necessita di vari testi.
Alla fine lo studente, pur comprendendo esattamente il concetto estrapolato dai libri, si farà comunque una propria idea che successivamente esporrà in presenza del docente.
Spesso, però, parecchi studenti non riescono ad attingere dai testi e preferiscono apprendere la materia utilizzando la sintesi del tutto; ma quale sarà poi la loro conoscenza?
Praticare JKD vuol dire rimuovere ogni giorno qualcosa fino al traguardoossia fino a raggiungere la semplicità.
Il JKD è un risultato assolutamente personale, in caso contrario non si farebbe altro che studiare una delle molteplici arti marziali. Essere semplici è più complicato di quello che possa sembrare.
Molte volte erroneamente ci si concentra sul ”gesto” che deve risultare tecnicamente corretto e perfetto, ma l’estremo tecnicismo, secondo il mio parere, distoglie l’attenzione del praticante da quello che dovrebbe essere l’obbiettivo ultimo: l’efficacia nel combattimento reale, senza regole né schemi fissi.
Il JKD, come il buddismo, pone l’uomo, e non lo stile, al centro di tutto .Infatti ciascuno di noi possiede delle qualità che non aspettano altro che essere rivelate ed espresse. Com’è possibile però compiere ciò se le si soffoca con qualcosa di preordinato?
Il JKD è un movimento che cerca, attraverso l’arte del combattimento, di svincolare l’individuo dalle pressanti catene degli stili o dogmi a volte imposti.
Nella JKDKI, ogni stile o scuola rappresenta solo una parte della verità ed è chiaro che all’inizio c’è bisogno comunque di un metodo per poterla comprendere ed elaborare, proprio come nella meditazione “Zen”, in cui dapprima si utilizza la mente per poi compiere la sua trascendenza. Questa è la fonte dell’efficacia di un combattente che non ha schemi; è imprevedibile proprio perché unico. Il suo stile sarà unicamente “il suo stile”, la sua vita.
Il potere e la forza di questo intramontabile combattente risiederanno nel suo spirito indomito e nella sua mente rinvigorita, in quanto non repressa, solo così sarà in grado dunque di adattarsi a qualsiasi situazione, di cui ne prenderà pieno possesso sino al completo dominio.
Questa è la comprensione del JKD che trasmettiamo nella Jeet Kune Do Kali International.